Recensione:
TEATRO DE' SERVI
"IO PARTO... E POI... UN LAVORO ME LO INVENTO!"
DAL 6 AL 25 GENNAIO 2009
"IO PARTO... E POI... UN LAVORO ME LO INVENTO!"
DAL 6 AL 25 GENNAIO 2009
In un’ambientazione moderna e condivisa da molti giovani della nostra generazione, si sviluppa per scene parallele la storia dello sceneggiatore e regista Luca Monti, che mette in scena mini-storie di sconosciuti la cui vita è destinata ad intrecciarsi. Quello che accomuna i quattro ragazzi è infatti la (vana) ricerca di un lavoro stabile, di una storia sentimentale che li soddisfi, di una sicurezza che permetta loro di vivere serenamente; i personaggi sono però alle prese con due attori-jolly (i bravi Alessandro Prete e Cristiana Vaccaro), che mano a mano ricoprono ruoli diversi, contribuendo ad esasperare sempre di più i giovani fino alla decisione di ricominciare tutto: il luogo della loro rinascita sarà il Sud, terra vergine e ancora estranea ai ritmi logoranti delle città affollate, in cui ritrovare un equilibrio ormai perduto. Dopo un primo momento di crisi, i ragazzi incontrandosi riescono nel Salento a ricostruire loro stessi, mettendosi perfino insieme in affari per l’apertura di un locale, il Terra Rossa.
Il susseguirsi incalzante nella prima parte della rappresentazione di piccole scene, con questo scambio di ruoli tra gli stessi attori, cede il passo nella seconda ad un ritmo più disteso, giustificato in parte dal cambiamento di ambiente e di vita dei giovani, ma che risente della volontà dell’autore di far cadere i suoi eroi ancora in tentazione, prima dello scioglimento finale. E questa tentazione non può essere che il ripresentarsi dei ritmi pressanti, della sensazione di soffocamento, dei fantasmi del passato, mai dileguati del tutto.
Il finale, con il recupero della serenità e dell’amicizia tra i soci, se pur perdendo qualcosa rispetto alla realisticità iniziale, fa pensare al Terra Rossa come alla meta simbolica cui tutti dovremmo aspirare nel nostro cammino di affermazione personale e lavorativa.
Da apprezzare, oltre all’originale scenografia costituita esclusivamente da cubi bianchi e neri, su cui la fantasia degli spettatori lavora per far emergere gli oggetti via via evocati dai personaggi, è la presenza quasi sempre simultanea degli attori in scena, immobili nei momenti di non recitazione.
Il susseguirsi incalzante nella prima parte della rappresentazione di piccole scene, con questo scambio di ruoli tra gli stessi attori, cede il passo nella seconda ad un ritmo più disteso, giustificato in parte dal cambiamento di ambiente e di vita dei giovani, ma che risente della volontà dell’autore di far cadere i suoi eroi ancora in tentazione, prima dello scioglimento finale. E questa tentazione non può essere che il ripresentarsi dei ritmi pressanti, della sensazione di soffocamento, dei fantasmi del passato, mai dileguati del tutto.
Il finale, con il recupero della serenità e dell’amicizia tra i soci, se pur perdendo qualcosa rispetto alla realisticità iniziale, fa pensare al Terra Rossa come alla meta simbolica cui tutti dovremmo aspirare nel nostro cammino di affermazione personale e lavorativa.
Da apprezzare, oltre all’originale scenografia costituita esclusivamente da cubi bianchi e neri, su cui la fantasia degli spettatori lavora per far emergere gli oggetti via via evocati dai personaggi, è la presenza quasi sempre simultanea degli attori in scena, immobili nei momenti di non recitazione.
Laura Ariemma
0 commenti for this post