di Alberto Rodriguez
Trasgredire per una sola notte. Allontanarsi dalle abitudini opprimenti, dallo stress, da vite vuote. Ma tutto ciò solo per ritrovare dei vecchi amici o per un grande desiderio di fuga da sé stessi?
“After” pone questa domanda, senza darne soluzione; non che una soluzione debba esserci per forza: “il film parla di tre personaggi arrivati a un punto morto; un viaggio per tornare a un punto di partenza”, afferma lo stesso regista.
Perché l’ “After” del titolo è un dopo, una decisione sulle sorti della propria vita che non deve essere presa, o forse non vuole esserlo, al termine di una nottata di follie, di sesso, droga e feste. Niente è risolvibile nell’arco di una notte, figuriamoci il proprio futuro.
Il film è un racconto che parte da un momento della serata, torna indietro, si snoda attraverso i tre punti di vista dei protagonisti, Manuel, Julio e Ana, viene sviscerato e riportato alla luce fino all’epilogo finale.
Tre storie, tre individui, tre anime solitarie che cercano di farsi forza calandosi nei meandri più bui della trasgressione; ognuno ha il suo mondo, ognuno i suoi problemi, ognuno è una faccia diversa della solitudine, ma per una sera le loro individualità si uniscono, si mettono a confronto, si scontrano.
Basta, ad esempio, una bottiglia scagliata al muro senza un motivo apparente, oppure l’ossessiva ricerca di piacere onanistico a far (ri)emergere l’intrinseca depressione dei protagonisti, i quali passano da euforia a tristezza, da sorrisi a pianti nevrotici in un turbinio di situazioni che nel film vanno a ripetersi, ogni volta rinnovate da un pezzo del puzzle che ora c’è e che prima mancava.
Con un montaggio intricato ma funzionale, una sceneggiatura che diverte e turba, buone musiche e un cast molto affiatato (attori spesso coinvolti in scene di nudo), è uno dei film migliori di questo festival, il quale, seppure in tono minore rispetto agli altri anni, anche stavolta può vantare qualche “perla”.
“After” pone questa domanda, senza darne soluzione; non che una soluzione debba esserci per forza: “il film parla di tre personaggi arrivati a un punto morto; un viaggio per tornare a un punto di partenza”, afferma lo stesso regista.
Perché l’ “After” del titolo è un dopo, una decisione sulle sorti della propria vita che non deve essere presa, o forse non vuole esserlo, al termine di una nottata di follie, di sesso, droga e feste. Niente è risolvibile nell’arco di una notte, figuriamoci il proprio futuro.
Il film è un racconto che parte da un momento della serata, torna indietro, si snoda attraverso i tre punti di vista dei protagonisti, Manuel, Julio e Ana, viene sviscerato e riportato alla luce fino all’epilogo finale.
Tre storie, tre individui, tre anime solitarie che cercano di farsi forza calandosi nei meandri più bui della trasgressione; ognuno ha il suo mondo, ognuno i suoi problemi, ognuno è una faccia diversa della solitudine, ma per una sera le loro individualità si uniscono, si mettono a confronto, si scontrano.
Basta, ad esempio, una bottiglia scagliata al muro senza un motivo apparente, oppure l’ossessiva ricerca di piacere onanistico a far (ri)emergere l’intrinseca depressione dei protagonisti, i quali passano da euforia a tristezza, da sorrisi a pianti nevrotici in un turbinio di situazioni che nel film vanno a ripetersi, ogni volta rinnovate da un pezzo del puzzle che ora c’è e che prima mancava.
Con un montaggio intricato ma funzionale, una sceneggiatura che diverte e turba, buone musiche e un cast molto affiatato (attori spesso coinvolti in scene di nudo), è uno dei film migliori di questo festival, il quale, seppure in tono minore rispetto agli altri anni, anche stavolta può vantare qualche “perla”.
Patrizio Caruso
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